5.- RISULTATI E CONCLUSIONI
Se compariamo il campione con l’universo analizzato (vedi tabella Italia Industria della Vinificazione) questo è pari al 76.10% del volume del vino imbottigliato e all'86.11% sul fatturato.
Si deduce che sono solo 57 le aziende che comandano (controllano) e indirizzano il sistema vitivinicolo italiano. Queste incidono per il 46 % sul volume e più del 50% del fatturato.
Il settore vino è oggi coinvolto da nuove dinamiche di mercato dovute ad un cambio ontologico della tecnostruttura (1) ; in altre parole, il sistema cooperativo, tarato strutturalmente su supporto politico-pubblico, ha difficoltà a riposizionarsi su un nuovo meccanismo di mercato poiché:
l’autoconsumo è pressoché sparito;
l’industria (mosti, aceti, enocianine, acido tartarico) interviene, a volte pesantemente, nel sistema;
il consumo di vino sfuso (nel pranzo di lavoro a 10 €) è ancora importante ed è supportato dalla distribuzione in fusti e bag-in-box;
emergono nuovi imbottigliatori puri fortemente collegati con la GDO e/o la distribuzione moderna, in definitiva, si stanno creando spazi per finanziarie, new co. e intermediari …. Ma per chi produce il vino?
importanti imbottigliatori (La Marca, Riunite) sono condizionati dai distributori e da nuove dinamiche di mercato.
(1) Il concetto è stato elaborato nel 1967 dall’economista statunitense J.K. Galbraith.
L’autoreferenzialità della finanza - la finanza che diviene fine a sé e in sé - ha così fatto dimenticare la massima di Platone secondo cui: “L’unica buona moneta con cui bisogna cambiare tutte le altre è la phronesis, l’intelligenza che sta in guardia”. Una massima che l’illustre economista americano J. Galbraith assai più prosaicamente ha reso così: “È bene che ogni tanto i soldi vengano separati dagli imbecilli”.
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