L’Italia del Vino e delle Cantine

GIANFRANCO TEMPESTA
MONICA FIORILO - MAURO CATENA
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Vicino al villaggio di Areni, nella stessa grotta dove è stata rinvenuta una scarpa in pelle straordinariamente ben conservata risalente a 5.500 anni fa, gli archeologi hanno rinvenuto una pressa per l'uva, recipienti per la fermentazione e la conservazione del vino, coppe nonché resti di graspe, semi e bucce.”

Grotta Karayr – Armenia
National Geographic (2011)

IL VINO NELLA STORIA DELL’UMANITÀ

Bruegel

Fino agli anni cinquanta del XX secolo, la civiltà del vino viveva di una millenaria stratificazione e codificazione. Il vino era una bevanda dai contenuti mitici e simbolici per tutti gli strati sociali che, alla caduta dell’impero di Roma, si suddividevano in Oradores (classe religiosa), Belladores (classe politica dominante) e Laboradores (il popolo) (1).

Il vigneto, come molti dei lettori ricorderanno, era presente in ogni proprietà fondiaria, anche piccola, in quanto il consumo di vino era parte di una cultura radicata nella nostra Società. A partire dagli anni sessanta e nei decenni successivi si è verificato un cambiamento epocale che ha rivoluzionato la società nei rapporti interpersonali, nell’immaginario collettivo e negli stili di vita pur mantenendo, nell’insieme, il modello della cultura greco-latina mediterranea.

In quella civiltà, ora improponibile, il ritmo della vita era scandito dall'alternarsi delle stagioni e la famiglia aveva stretti rapporti di parentela e di comunità dando luogo a piccole patrie (Heimat). Da qui si sono sviluppate, storicamente, le diversità dei comportamenti, delle strutture sociali ed economiche che sono divenute matrice della civiltà contemporanea.

Nell’analisi delle diversità di tradizioni civiche nelle Regioni italiane, Putnam (2) presenta un'Italia spaccata in due. Al nord l’Italia dei comuni e delle città murate, al sud dello stivale il dominio delle baronie, con i loro castelli e latifondi. Nell’Italia settentrionale i Laboradores, erano anche viticoltori; nell’Italia meridionale la viticoltura, quella dei castelli con i Belladores e dei monasteri con gli Oradores, era estensiva.

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Questa società agricola con modalità e strumenti di produzione arcaici tramandati da millenni, come ben evidenziato nell’Enciclopedia di Diderot e D’Alembert (3), viveva di un’economia curtense e grazie alla trasmissione orale delle competenze.

Secondo i fisiocratici, attivi nel XVIII secolo, le basi dell’economia, rappresentate dalla produttività e dall’occupazione erano prevalentemente frutto di quello che oggi si chiama il settore primario cioè l’agricoltura.

Su questo mondo statico, interviene nell’Ottocento la cosiddetta rivoluzione industriale, i cui prodromi erano già presenti nei borghi (borghesia) della civiltà tardo medioevale e rinascimentale europea. L’avvio e l’accelerazione di questo processo è stato preceduto dal fenomeno del commercio marittimo che, dal XVI al XVIII secolo, abbandonò gli scambi a breve raggio, per estendere i commerci al mondo intero grazie alle cocche (4) e all’estensione delle vele.

La rivoluzione in campo energetico avviata da Watt, applicata ai telai meccanici, ai trasporti ferroviari e alla nuova costruzione di navi con scafi in acciaio (Sheffield e Krupp), ha accelerato la storia e gli scambi mondiali.

E il vino come si colloca in questa rivoluzione?

La civiltà dei remi e delle vele, di origine greca, fenicia, cartaginese, romana, e anche quella delle repubbliche marinare italiane, realizzava scambi limitati e solo per via fluviale e marittima. Per questo da Marco Aurelio Probo (imperatore romano dal 276 al 282 d. C.) in avanti emerge la necessità di una viticoltura in loco.

Secoli più tardi, per simile motivazione, nascono le viticolture coloniali: i gesuiti con le loro reducciones o misiones, francescani e dominicani con insediamenti in nuce, cioè in embrione, che sono stati la matrice delle attuali viticolture americane.

Il moltiplicarsi dei commerci e dei velieri sono da stimolo a prodotti vinosi energetici quali Porto, Jeréz e Marsala. Simboli del successo internazionale dell’ultimo grande impero coloniale, quello inglese, dei cui territori hanno condizionato anche le abitudini alimentari, determinando lo sviluppo della viticoltura anche in aree estranee alla vite europea.

Questo insieme di realtà a diversa evoluzione storica, non lineare, è la matrice degli attuali modelli, ad esempio: la viticoltura veneta è molto simile a quella catalana eredi del pago; Linguadoca e Castiglia-La Mancia sono confrontabili in quanto originatesi dal modello baronale-latifondista. La Borgogna, nonostante l’Albero della Libertà (simbolo della rivoluzione francese) e la distruzione di Cluny e Cîteaux, legata anch’essa alla rivoluzione del 1789-1791, mantiene ancor oggi con la Champagne modelli vitivinicoli elitari.

L’Aquitania (Bordeaux), conquistata dalle Drakkar (navi) dei normanni (Plantageneti), fornitrice privilegiata della terra inglese, per un lungo periodo ha mantenuto quasi il monopolio del commercio mondiale dei vini contribuendo alla rinomanza dei vitigni biturici (Merlot, Cabernet-Sauvignon, Cabernet Franc e altri).

Quasi come nemesi storica, infine, è da segnalare che i discendenti dei vichinghi-normanni, distaccatasi dal Vaticano con Enrico VIII (in seguito allo scisma anglicano), sono la matrice delle viticolture del sud del mondo (Australia e Sud-Africa).

La rivoluzione industriale, con l’ascesa della borghesia, il prevalere del modello capitalistico, le liberalizzazioni e l’affermarsi della democrazia, hanno comportato la lenta evoluzione con il cambio dei sistemi umani, sociali, politici e produttivi.

In Italia il “Grande Cambio” avviene con il miracolo economico del secondo dopoguerra, quando la popolazione da agricola diventa industriale e da rurale passa ad essere cittadina, con il conseguente aumento dei consumi.

La viticoltura italiana fino a questo momento promiscua (Figura 4.15 Italia: Vitienologia Storica) si specializza; aumentano esponenzialmente le produzioni che passano da 22 a 75 milioni di hl; cambiano i regimi di proprietà - possesso dei fondi e si avvia il processo che porterà all’eliminazione della mezzadria (inizio degli anni’80); vengono costituite innumerevoli cantine cooperative coll’intento di portare le plusvalenze di trasformazione e/o commercializzazione a vantaggio del produttore viticolo; la Cooperazione viene favorita e facilitata da esenzioni fiscali e forti sussidi.

Fig4_15


Prevale il fattore “sociale-politico” sul fattore “economico” anche grazie agli interventi comunitari (FEOGA) che attraverso la distillazione, gli stoccaggi e gli arricchimenti dei prodotti vitivinicoli supportano l’economia politica italiana ed europea. (Figura 4.16 Vino Distillato in Italia)

Fig4_16


Prezzi politici garantiti a livello così alto da incentivare surplus e interventi statali per la distruzione degli stessi; surplus appesantiti dal cambio di consumi che dai 100 litri pro capite sono scesi agli attuali 40 litri pro capite.

Nello stesso periodo storico, il vino da alimento diventa bevanda recuperando valori d’immagine e da questa evoluzione sono scaturite tutte le azioni sociali, politiche e normative mirate a dare contenuti storici, di tipicità e di valore, che hanno portato alla codificazione delle Denominazioni di Origine (DO) e delle Indicazioni Geografiche (IG).

Questa fase vede il moltiplicarsi all’inverosimile di normative e di enti preposti: disciplinari, consorzi di tutela, enti certificatori, camere di commercio ecc. ... e chi più ne ha più ne metta.

È l’epoca d’oro dei consulenti, delle guide, dei “guru” che modificano i vigneti, i sistemi agronomici, i vitigni e l’enologia.

Oggi, fortunatamente, questa ricerca dell’immagine fine a se stessa si sta ridimensionando.

Per motivi normativi e sindacali la damigiana - Dame Jeanne di 54 litri, contenitore per eccellenza, testimone della matrice rurale e collegamento con le radici enoiche del paese di origine fino agli anni 1980 - è quasi scomparsa.

Il sistema vitivinicolo è alla ricerca di nuovi equilibri per la rottura del vecchio modello dovuta ai seguenti fattori:

  1. la cessazione degli aiuti comunitari;

  2. la crisi economica mondiale;

  3. Il cambiamento negli stili di vita (salutismo, quindi vini meno alcolici);

  4. l’emergere e il consolidarsi di forme distributive oligopoliste (GDO);

  5. le liberalizzazioni degli scambi internazionali (WTO) e la loro intensificazione;

  6. Il mantenimento di normative diverse a seconda delle aree economiche.

Accanto alle tradizionali figure operative (cantine sociali trasformatrici e cooperative di secondo grado, imbottigliatori privati di varia dimensione) ne sono comparse e vanno comparendo di nuove e molto aggressive: MGM-Mondo del Vino, Italian Wine Brands, Enoitalia, Contri Spumanti, ecc.

Quindi il vino (5) è il risultato del lavoro del viticoltore che ha originariamente domesticato la vite selvatica, introdotto viti domesticate precedentemente in altre aree e selezionato le varietà introgresse (incroci spontanei), insediando la vite (cultivar) nell’ambiente ad essa idoneo e ne ha fatto conoscere e valorizzato le qualità tramite tecniche di vinificazione che dal secondo dopoguerra ad oggi si sono avvalse di innovazioni continue, originando così plusvalenze legate al territorio.

Alla base di tale valorizzazione figurano da un lato l’affermazione di concetti di qualità basati sull’origine geografica delle uve e sulla conseguente vocazionalità viticola, dall’altro l’adozione di una legislazione capace di inserire tali principi nella tutela della qualità dei vini.

Analizziamo in questa sezione le produzioni dei vini per comparti e le cantine - attori del settore trasformazione e commercializzazione.

(1) In questa suddivisione si evidenzia il passaggio, iniziato alcune migliaia di anni prima, da una vita nomade ad una stanziale (nascita dell’agricoltura) non solo basata su colture annuali, ma perenni. Esse hanno determinato la necessità dello stare insieme, creando nel contempo le leggi morali del vivere sociale (religioni) e l’esigenza del governo della società, capace di usare la forza collettiva (esercito) per difenderla. Per difenderne la fonte di reddito e di commercio dei surplus, sempre più rappresentata da colture come la vite, il cui frutto fermentato aveva una valenza anche a sostegno dell’ultraterreno. Divenne pertanto bevanda di eccellenza per le due classi dominanti (Religiosa e Politica) e consolazione per il vero motore sociale (il popolo) che spesso si doveva accontentare di bevande simili, ma meno nobili (birra) e più a buon mercato.

(2) Putnam Robert D. (1933).” La Tradizione Civica nelle Regioni Italiane”. Ed. Arnoldo Mondadori. Milano

(3) Diderot & D’Alembert (1751 - 1780) “Encyclopédie, ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers”

(4) Una nave medievale a vela, di forma rotonda, che seguì il periodo delle navi a propulsione mista - remi e vele.

(5) Dal punto di vista legale il vino, senza altra specifica (es: vino di mele o sidro) è il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve. (Reg CE 1308/2013 allegato VII)

(6) REGOLAMENTO (UE) N. 1308/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2013
Articolo 93
Definizioni
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) "denominazione di origine", il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali e debitamente giustificati, di un paese che serve a designare un prodotto di cui all'articolo 92, paragrafo 1, conforme ai seguenti requisiti:

i) la qualità e le caratteristiche del prodotto sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e ai suoi fattori naturali e umani;
ii) le uve da cui è ottenuto il prodotto provengono esclusivamente da tale zona geografica;
iii) la produzione avviene in detta zona geografica e
iv) il prodotto è ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vinifera;

b) "indicazione geografica", l'indicazione che si riferisce a una regione, a un luogo determinato o, in casi eccezionali e debitamente giustificati, a un paese, che serve a designare un prodotto di cui all'articolo 92, paragrafo 1, conforme ai seguenti requisiti: i) possiede qualità, notorietà o altre peculiarità attribuibili a tale origine geografica;

(7) LEGGE 12 dicembre 2016, n. 238 Art. 28

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